Oshaanà Rabbà 21 di Tishrí 5784, 6 Ottobre 2023
Oh come mi ha parlato al cuore l’argomento della sessione di studio di Musaf Yom Kippur guidata dallo Studente-Rabbino Matt Turchin, pochi giorni fa, alla West London Synagogue of British Jews. Si intitolava “Ritorno al passato: guardare al passato per costruire il nostro futuro”: I bei giorni andati? vediamo se la nostalgia è un esercizio positivo o una trappola sentimentale. In un giorno dedicato a riflessione e crescita, è cosi semplice scegliere tra guardare all’indietro e muoversi in avanti?”
Wow. Questa riflessione mi ha aiutato ad attuare definitivamente la circoncisione del mio cuore. Mi ha aiutato a rilasciare e salutare la mia confusione mentale ed emotiva. Una confusione derivante dal tempo trascorso nella mia famiglia di nascita e poi sempre vicino ad essa, in cui una specie di fango mischiava i principi di responsabilità, di giustizia e di sincerità, con la bugia e l’ opportunismo visti come unica possibilità.
La mia mente raziocinante e la mia pragmaticità avevano paura di esprimersi nella mia vita personale, forse perchè abituate ad essere schiacciate proprio nell’ambito familiare che vedevo come un rispettabile giudice/guida. Grazie a Dio, però, ho ‘trovato’ presto nella mia vita delle persone che mi hanno aiutato a curare le emozioni, specialiste in quel mondo olistico che mi ha aperto i canali della creatività, persone che però mi hanno ‘visto’ e se del caso sostenuto anche nella mia sfera razionale e imprenditoriale.
Nella meravigliosa giornata a WLS, Rabbi Turchin riporta questa parabola da Rav Micah Streiffer:
“C’erano una volta due muratori – uno saggio ed uno sciocco. Stavano viaggiando verso un cantiere per lavoro in una città lontana, e ciascuno portava con sè la propria cintura degli attrezzi. Allo scendere della notte, i muratori erano stanchi e si fermarono a dormire in una locanda. Siccome avevano timore dei ladri, misero e loro cinture degli attrezzi sotto i letti per la notte. Al mattino, si svegliarono all’alba e svelti presero la via verso il cantiere, dimenticandosi di prendere le cinture con sè.
Si accorsero dell’errore solo diverse ore dopo, quando erano ormai vicino alla destinazione. Cosa fare? Beh, il muratore sciocco disse “Svelto! Andiamo avanti, abbiamo tanto lavoro da fare oggi!” E continuò lungo la strada verso il cantiere.
Ma il più saggio dei due si girò e tornò indietro. Egli disse “Che bene ci farà accelerare adesso, dato che siamo a mani vuote? La cosa più ragionevole è di trovare i nostri attrezzi, cosi che possiamo costruire con successo.”
Ora mi rivolgo a te, papa.
Probabilmente ho sempre avuto un lieve autismo. Non riuscendo io a trovare un dialogo con voi neanche sul piano razionale, avevo chiesto a Dio di farmi crescere sul piano delle emozioni per conquistare un equilibrio fisico, una consapevolezza dell’essere e del mio posto fra di voi con cui sentirmi in grado di fare il mio dovere e il mio piacere di figlia e sorella. E Dio mi ha aiutato, B’H’.
Solo che la gentilezza viene presa per debolezza, il rispetto dato ai miei fratelli maggiori viene preso per dare carta bianca a tutto ciò che riguarda i nostri genitori, che sono anche i miei. L’ apertura verso tutti voi, che esprimevo nell’ unico modo per me possibile, la sincerità – anche se ho provato tante volte – vengono stritolate in un meccanismo di sostenersi a vicenda per non crescere oltre il dispiacere, la delusione e la rabbia, o semplicemente l’egoismo materiale.
Ok, hai scelto i miei fratelli. Ti voglio bene lo stesso. Però non hai idea di quanto ancora peggio di questo mi ha fatto il tuo lamentarti con me, un tempo arrabbiandoti, ora bisbigliando sottovoce, di soprusi ricevuti (anche) da loro. Lo so, sono stata una ingenua e probabilmente molto egocentrica, nel prendermi cosi a cuore quello che per te era solo uno sfogo di routine.
Sai, tutta la mia vita, papà, ti ho rincorso. Letteralmente e in senso figurato. Ho coltivato il coraggio invece della impulsività, ho tenuto come sestante della mia crescita, da sola, la conquista di equilibrio fra la mia natura sensuale, artistica, anticonformista, e la mia parte pragmatica e capace di creare il mio lavoro, perche no? il mio business. Come? Prima di tutto studiando e lavorando nel mondo olistico puntando a migliorare la mia salute mentale e la mia comunicazione. Poi è stato determinante l’incontro con l’Ebraismo, proprio per creare la mia etica e il modo di essere utile alla famiglia. In pratica mi sento come se fossi tornata indietro a recuperare i miei attrezzi, perchè senza non riuscivo a fare nulla.
Ebbene, evidentemente non sono arrivata in tempo al tuo cantiere. Ma sono arrivata alla verità, e anche se sarebbe bello ricostruire da li fra te e me, non mi faccio illusioni. Voglio solo fare il mio dovere senza la pressione di altri, e non sentirmi in colpa di essere come sono, nè sentire con dispiacere i tuoi lamenti con un senso di impotenza perchè, nonostante le mie offerte, mi dici che non posso aiutarti.
Però, ti voglio ringraziare per avermi fatto provare la gioia, per la prima volta l’altro giorno quando ti ho telefonato gli auguri di compleanno, di una conversazione sincera, certo senza un tuo invito a venire a trovarti, ma almeno senza ipocrisie.
Neilà è l’ultima parte del giorno del Kippur, il giorno della vita ebraica in cui ci rendiamo quasi incorporei, i nostri bisogni materiali simili a quelli di un Angelo, solo conversando e pregando con Dio digiunando per 25 ore.
Neilà è l’ultimo, dolce momento di Yom Kippur in cui cantiamo a Dio la nostra preghiera di essere iscritti nel libro della vita per il nuovo anno. La tradizione ci fa immaginare di far passare questa preghiera attraverso i cancelli ancora aperti che Dio, che durante tutto il mese di Elul è sceso dal suo Luogo per avvicinarsi a noi mentre cercavamo di riparare gli errori fatti in passato, sta per richiudere nel tornare a Sè.
Ma se ne abbiamo davvero bisogno, ci è concesso ancora un breve tempo dopo Yom Kippur, per completare la nostra teshuvá, il nostro ritorno, questi pochi giorni fini a Oshaanà Rabbà.
Spero star facendo una teshuvà che Ti sia gradita, Dio, nel tornare a me stessa. Ti prego di contarmi nel libro della vita e io mi impegno a contare per realizzare la mia ragione di vita, con Te come guida. I cancelli si chiudono davvero, oggi canto la mia dolce Neilà!